ll progetto de il Resto del Carlino per i lettori di domani

«Quelle pietre che raccontano storie di uomini»

Uno studente ha ricostruito, grazie a una targa che era stata apposta davanti alla casa, la vita di uno suo parente morto in un lager

E’ importante ricordare. Sempre, però, non solo in occasione della Giornata della Memoria. In classe nei giorni scorsi abbiamo parlato di Edith Bruck, di Primo Levi, della loro amicizia e di Liliana Segre. Abbiamo letto in particolare «Il Canto di Ulisse», presente nel libro «Se questo è un uomo», cercando di comprendere le considerazioni che Levi ad Auschwitz faceva con il suo amico Jean su Dante, sulla ragione rappresentata da Virgilio, su cosa fosse il contrappasso e come fosse distribuito l’Inferno. Ho pensato allora di raccontare ai miei compagni una mia esperienza che mi ha visto protagonista la scorsa estate ovvero l’occasione di poter deporre una pietra d’inciampo per ricordare Aldo Giuseppe Munari, un lontano parente di mia mamma. Le prime pietre d’inciampo sono del 1992 e sono targhe di ottone che vengono posate per terra e il loro scopo è il ricordo. Stolperstein, in tedesco, è un’iniziativa creata dall’artista Gunter Demnig come reazione a ogni forma di negazionismo, per ricordare i perseguitati del Nazional-Socialismo. Grazie ad un passa parola tanto silenzioso quanto efficace, oggi se ne incontrano in oltre duemila città.

A San Rocco di Guastalla è stata nuovamente posata la pietra d’inciampo in memoria di Aldo Giuseppe Munari, morto in un lager. Nuovamente perché era stata danneggiata. Si pensò ad un raid vandalico o di natura politica, poi un agricoltore ammise d’averla divelta involontariamente con un trattore. La pietra è in memoria di Munari e di tutti gli internati militari, deportati e uccisi nei lager nazisti per il loro rifiuto di continuare la guerra dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943. L’evento si è svolto davanti alla casa di Munari. Era nato nel 1915 a Viano. A 20 anni se ne andò dalla campagna, dove aveva vissuto insieme ai suoi genitori – Abramo e Concetta – e ai fratelli Giovanni e Giuseppa. Nel 1935 prese parte alla leva ma il periodo durò pochi mesi, perché si ammalò e rimase all’ospedale. Fu arruolato nel reggimento «Lancieri di Novara» fino al Settembre del ’37. Anni dopo, mentre ascoltava la radio, annunciarono che l’Italia sarebbe entrata in guerra: era il maggio 1940 e capì che sarebbe dovuto andare a combattere.

Impegnato sul fronte orientale nel ‘42, dovette affrontare lunghe battaglie e i disagi dovuti dal rigidissimo clima. Dall’8 settembre del ’43, con l’Armistizio, si creò il caos e i tedeschi fecero prigionieri italiani, che poi vennero deportati in Germania. Munari passò tre giorni in viaggio. Quando arrivò a Colonia, non era in buone condizioni fisiche. Assieme agli altri lavorò nelle fabbriche d’armi tedesche. Morì nel campo di lavoro tedesco il 16 Novembre 1944. La pietra d’inciampo è stata posata l’8 Settembre 2021 in via Confine 1 a San Rocco di Guastalla dai fratelli Annalisa e Federico Begotti.

Federico Begotti, Marco Gasparini, Sofia Saccani II A

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