ll progetto de il Resto del Carlino per i lettori di domani

Il bullo è solo un pallone gonfiato. Sgonfiamolo

«Non permettere che facciano di te una vittima. Non accettare la definizione di nessuno sulla tua vita, definisci te stesso»

‘’Non essere vittima di bullismo in silenzio. Non permettere che facciano di te una vittima. Non accettare la definizione di nessuno sulla tua vita, definisci te stesso’’. (citazione di Harvey Fierstein, attore, sceneggiatore, cantante e commediografo statunitense.) Da quando suo padre è andato in carcere, la vita di Luca è cambiata: prima era amico di tutti, adesso sfoga la sua rabbia contro i suoi compagni. E’ infatti la rabbia a guidare ogni comportamento di questo ragazzone dai capelli castani e corti, così grande e così solo, così diverso dal bambino che ha conosciuto il suo babbo Vive in uno dei quartieri più pericolosi di Caltanissetta, che spesso lo obbliga ad intervenire in risse, e a tornare a casa con ferite e lividi in faccia. I suoi ‘’bersagli’’ preferiti sono Sara, Michela, Lucia, Antonio e Tommaso.

Sara, bullizzata per il suo aspetto fisico, ‘’tradita’’, dalle sue amiche che non la ritengono all’altezza di certe situazioni. Michela, ripetutamente bersagliata da palline di carta ricoperte di saliva: lei, sporca e umiliata, è caduta in depressione. ’’Ho sempre avuto delle ‘’particolarità’’ a livello fisico, hanno incominciato a prendermi in giro, criticando il mio aspetto dandomi nomignoli. Mi sono sentita piccola, impotente e non sono riuscita a fare niente’’; ‘’ Big MC’’, cioè ‘’Lucia gambe-grosse’’, ‘’Lucia-dai pidocchi’’. Ma Lucia era solo una timida ragazza del Nord, arrivata al Sud un po’ smarrita oltre che in sovrappeso. ‘’Tornatene da dove sei arrivata!’’ era la fra-se preferita dai suoi aguzzini.

Antonio, deriso per il suo carattere scontroso e solitario: l’aveva profondamente segnato il divorzio dei suoi genitori, così ha iniziato a non mangiare, a tagliarsi ed è caduto in una lunga depressione. Infine Tommaso: all’inizio, subiva scherzi ‘’amichevoli’’, ma col passare del tempo, Luca cominciò a picchiarlo, a deriderlo per il suo aspetto fisico, risultato: solitudine e Nutella. Una notte di settembre, alle 4, Luca sentì le sirene della polizia che si dirigevano verso casa sua: cercavano suo padre. Arrestato sotto gli occhi sgomenti di Luca, che non voleva credere che il nome gridato in quell’alba tremenda, dagli altoparlanti della polizia, fosse quello del padre.

Fu così che la rabbia divenne la sua fedele compagna e consolazione. Un giorno in classe, d’un tratto, la sfogò in modo tremendo. Aveva in mente il piano perfetto per trovare la felicità: prese di nascosto il diario di Tommaso e cominciò a scrivere insulti, uno più pesante dell’altro.

Tommaso cercò di difendersi, strappandogli il diario dalle mani, ma Luca glielo tirò in faccia, facendogli sanguinare il naso.

Andò in bagno, si sciacquò, ritornò in classe, iniziò a sfogliare il diario ormai sporco di sangue, e vide quelle parole sempre più pesanti. Lesse anche delle minacce. Passarono i giorni, Tommaso non venne a scuola: aveva paura che Luca lo prendesse in giro. Allora iniziò una ‘’cura dimagrante’’: smise di mangiare.

Passarono altri giorni e non si avevano notizie riguardo il povero Tommaso. Solo dopo parecchi giorni entrò in classe la professoressa d’italiano, informando i suoi alunni di quello che era successo al compagno, caduto in depressione e poi portato in ospedale a seguito di un’assunzione di farmaci che ne avevano causato il coma. Ci fu un’inchiesta, perché Tommaso, con l’aiuto di una psicologa, trovò la forza di denunciare l’accaduto e le tante azioni di bullismo vissute a scuola. Questa storia ha un lieto fine: Luca capisce i propri errori. Si fa aiutare a superare la rabbia. Incontra Tommaso e fra i due nasce una bella amicizia. Ma quanti sono ancora gli adolescenti vittime di bullismo? Quanti quelli che diventano bulli perché lasciati soli ad affrontare un dolore? ‘‘Al dolore non c’è rimedio, se non quello di accoglierlo, alle sue tempeste dovrà accompagnarsi sempre una qualche quiete perché quel dolore parli’’.

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