ll progetto de il Resto del Carlino per i lettori di domani

Scuola Secondaria I grado Annibal Caro di Montegranaro (FM) - 1E, 2B

Dietro ai comportamenti violenti Le baby gang scatenano il caos

Gli studenti della scuola media di Montegranaro affrontano un tema complesso e attuale: «Il problema riguarda i ragazzi della nostra età che non hanno ancora capito l’importanza della vita»

Oggi sentiamo sempre più spesso parlare di baby gang che scatenano il caos nelle città. Il problema riguarda i ragazzi della nostra età che non hanno ancora capito l’importanza della vita. I motivi per cui i baby-killers  commettono crimini possono essere di varia natura. Come provenire da famiglie abusanti o assenti, praticare giochi violenti, seguire la pornografia, avere paure, depressioni o dipendenza da alcool e droghe, aderire a bande senza controllo, noia, povertà, stile di vita criminale o malattie mentali. La scelta delle vittime su cui ricadono azioni violente, generalmente non è casuale e sovente i motivi sono futili. Per fare alcuni esempi: una dodicenne ha accoltellato un suo coetaneo per aver fatto la spia su un compito in classe copiato, un ragazzo è stato preso a calci in testa da un suo compagno fuori dalla scuola, per avergli pestato le scarpe griffate, un diciassettenne è stato accoltellato alle spalle davanti alla scuola per un semplice litigio. Molte altre volte, però, gli articoli di cronaca, non menzionano i motivi degli accadimenti a significare che si commettono atti di violenza anche per il solo gusto di farlo. Parliamo di casi come violenza per strada: denunciati minorenni, adolescente rapinato: nei guai una baby gang, baby gang rapina un passante, giovanissimi con il coltello in tasca: boom di lesioni provocate dagli under 18. Talvolta, i componenti di baby gang, si nascondono dietro l’angolo di una via e colpiscono a caso il primo malcapitato che si ritrovano davanti. Frequentemente le loro azioni si fondono con veri atti di bullismo nei confronti di ragazzi più fragili. Sono, in definitiva, adolescenti incapaci di provare empatia, che non riescono a comprendere le conseguenze delle loro azioni e/o di controllare l’aggressività, sfogando il loro disagio in modo istintivo. Ma quali sono le pene che subiscono i baby criminali? Di questo si occupa il Tribunale per i minori, che non lavora in modo sanzionatorio ma educativo per tentare di recuperarli. Secondo gli psicologi alla base di tutto c’è la mancanza di un adeguato sistema educativo da parte delle famiglie: si ritrovano sempre più soli per strada e finiscono col trovare rifugio nel branco. Secondo altri la responsabilità è da addurre ai videogiochi che inneggiano alla violenza e il Covid ha contribuito a far sì che questi ragazzi trascorressero tanto tempo davanti allo schermo. Infine, non meno potente è lo spirito di emulazione: la voglia di ‘sfoggiare’ un coltello per sentirsi importanti. Per provare ad arginare questo fenomeno in costante aumento si potrebbero sensibilizzare i giovani introducendo a scuola l’attività di ‘educazione affettiva’, svolta da personale qualificato, per far comprendere loro che la vita è preziosa e che i problemi si possono risolvere con le parole, non con un coltello.

Classe II B coordinata da Antonella Cerquetti

 

I videogiochi, sono diventati molto popolari e stanno influenzando la vita delle persone. Sono diffusi prevalentemente tra i giovani, soprattutto tra i maschi, che prediligono gli ‘sparatutto’ I giochi più apprezzati: Gta, Call of Duty, Battlefield, Mortal Kombat X, The Darkness II. Nonostante non siano risultate differenze significative nei livelli di aggressività ed empatia tra i giocatori accaniti e i non giocatori e per quanto vi siano anche dei risvolti positivi (come il fatto che mantengono attivo il cervello e aiutano a combattere i caratteri della vecchiaia) è innegabile che i videogames più violenti condizionino negativamente coloro che vi trascorrono troppo tempo. E’ stata registrata maggiore irascibilità, portano dipendenza, isolamento, stress prolungato, sovrappeso, disturbi del sonno, mancanza di risorse. I genitori dovrebbero limitarne l’uso di videogiochi e fare attenzione all’età consigliata.

Anikaet Chander e Giulia Stortini (classe II B) Lorenzo Fermani e Ludovica Giannini (Classe I E)

 

Oggi vi parleremo della cultura giapponese e del suo dilagare tra i giovani. Essa ha avuto grande diffusione grazie ai manga e agli anime. Entrambi si basano su personaggi fantastici che possono avere dei super poteri e abitare in luoghi surreali, non conosciuti e non raggiungibili dall’uomo. La parola ‘manga’ è un termine giapponese e a partire dagli anni ’50 questo tipo di pubblicazione è diventato uno dei settori principali dell’industria editoriale. I manga hanno una particolarità, non si leggo-no come libri normali, ma al contrario. Nella maggior parte dei casi sono tratti da videogiochi e sono in bianco e nero. Le anime, invece, sono opere commerciali d’animazione sempre di produzione giapponese, i cui primi esempi furono creati nel 1917. Esistono diverse tipologie di anime, che vanno da quelle d’azione agli horror. Ai ragazzi sia gli anime che i manga piacciono molto perché ci sono combattimenti epici, storie avvincenti, disegni fantastici e personaggi avventurosi e spericolati. Sia i manga che gli anime, inoltre, hanno una grande importanza, in quanto possono educare, intrattenere, trasmettere valori e servire per comunicare empatia. Possono contribuire a stimolare la creatività, la fantasia e la fiducia in se stessi.

La cultura giapponese non è solo una passione dilagante, ma un elemento culturale e un veicolo di valori ed emozioni a cui i ragazzi sembrano agganciarsi e di cui sentono il bisogno.

Classe I E coordinata da Susanna Stizza

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