Una favola intramontabile Pinocchio è nella vita di tutti noi
La scuola di Savignano sul Rubicone ha ripercorso la storia del burattino più famoso d’Italia con i suoi personaggi leggendari: la fata turchina, il gatto e la volpe, Lucignolo e il grillo parlante

Il libro ’Pinocchio’ mi ha colpito molto, perché racconta la storia di tutti noi bambini. Quando Pinocchio andò a studiare a scuola c’era il clima del giorno d’oggi, veniva bullizzato, fino a quando non si stancò, si arrabbiò e tirò un calcio e una gomitata a un ragazzo e così venne lodato da tutti, ma frequentava brutte compagnie. Certe compagnie a volte sono sbagliate e ti portano sulla brutta strada. Pinocchio, infatti finì male e quando andò a casa della fata non ebbe il coraggio di bussare. Mi chiedo perché si sia comportato così, non poteva essere da subito un bambino per bene? Fortunatamente, la Fata Turchina è una persona gentilissima, che rappresenta l’amore di tutti i genitori, infatti perdona per l’ultima volta il burattino. Quest’ultimo allora promise di essere bravo e studiare e così fece per un anno, fino al giorno in cui la fata gli disse che il suo desiderio di diventare un bambino vero si sarebbe avverato e che si sarebbe fatta una grande festa. Ovviamente Pinocchio si fece convincere dal dispettoso Lucignolo. Questi si divertirono per parecchio tempo nel paese dei balocchi, ma ovviamente non studiando mai, ma vagabondando sempre, sia Pinocchio che Lucignolo, diventarono due ciuchi.
Già al lontano tempo del 1881 si sapeva che non studiando non si arrivava da nessuna parte e non saresti servito a niente di importante, infatti i due asini vennero venduti al mercato. Da quel momento Pinocchio non se la passò tanto bene, dovette imparare a ballare e a saltare, ma in uno spettacolo di-ventò zoppo, poi un compratore volle fare con la sua pelle dei tamburi. Penso che anche la vita reale sia così, prima tanto bella, perché si vagabondava tutto il giorno senza fare fatica, ma poi si diventa inutili e si vanno a fare lavoracci duri e sporchi. Il compratore mise Pinocchio sott’acqua per farlo affogare, ma i pesci mangiarono la parte asina di Pinocchio e quindi tornò a essere il solito burattino.
Questa è stata l’ennesima grazia della Fata Turchina. Però non ho compreso il perché la Fata era diventata una caprettina e si trovava su uno scoglio. Pinocchio provò a raggiungerla, ma ovviamente, con la sfortuna che aveva, un grosso pesce cane lo inghiottì. Subito dopo essere inghiottito, incontrò un tonno, con cui fece amicizia. Nello stomaco del mostro, Pinocchio incontrò anche Geppetto. Mi sono commosso nel leggerlo, perché dopo tanto tempo si sono ritrovati. Un giorno Pinocchio andò a comprarsi un vestito nuovo, ma incontrò la lumaca della Fata, la quale disse al burattino che, la sua mamma era in un letto d’ospedale, così Pinocchio donò tutti i suoi soldi a lei. La notte, Pinocchio sognò la Fata, la quale diceva al burattino che gli perdonava tutte le monellerie che aveva fatto. Quando Pinocchio si svegliò non era più un burattino… era diventato un bambino vero.
Nico Bisacchi , 2^C
Questo libro mi ha insegnato tanto. Mi ha insegnato che la vita ci dona tante occasioni, che possiamo essere perdonati degli errori, e però tocca a noi scegliere il bene. Faccio i complimenti a Carlo Collodi per aver scritto un libro così bello.
Pinocchio ha tradito Geppetto, che aveva fatto tutto per lui. Penso che quando il gatto e la volpe fecero sprecare i soldi a Pinocchio, questo si pentì, era così pentito che, all’osteria del Gambero Rosso, non mangiò quasi niente.
Pinocchio poi fu contentissimo, anche Geppetto lo era ed era anche in gran forma, quando diventò un bambino vero. È il momento del perdono, per tutte le malefatte del burattino.
La frase che mi è piaciuta di più e che ha detto Pinocchio quando era un bambino vero: «Com’ero buffo, quando ero un burattino!… e come ora son contento di essere diventato un ragazzino perbene!».
Nico Bisacchi , 2ªC Scuola Savignano sul Rubicone
Non te ne eri accorta, ma lui, intanto, nella sua mente pensava a come prenderti in giro. Alla fine è arrivata la frase che da lui non ti saresti mai aspettata: «Il calcio non è uno sport per femmine!». All’inizio non hai detto nulla perché ci sei rimasta male, anche se lo hai nascosto con un sorrisetto, poi hai ribattuto e hai detto: «Non è vero!», ma lui, poiché è un testardo, era molto convinto di quello che aveva detto.
Dopo un po’, stanca di sentirti dire per l’ennesima volta e dall’ennesima persona che il calcio è uno sport per maschi, gli hai chiesto se fosse disposto a fare una partita contro di te, uno contro uno.
Lui ha accettato. Sei partita benissimo, ma ad un certo punto lui ti ha rubato la palla ed è riuscito, nel giro di poco, a metterla in rete per tre volte di seguito. Stava vincendo lui! Dovevi darti da fare, perché il tempo scorreva. Allora hai deciso di metterci tutto l’impegno possibile e hai fatto un gol, poi ne hai fatto un altro e ancora un altro, arrivando al pareggio. Nella tua testa una voce continuava a ripeterti: «Se pareggi, lui continuerà a prenderti in giro; devi vincere perché la smetta». Dopo poco, hai fatto anche il quarto gol e l’hai lasciato senza parole. A partita finita, avete fatto pace e siete tornati a casa insieme.
Ah, è vero, non l’ho detto: il lui di questa storia è tuo fratello.
Sofia Manoli, 1ª G Scuola Giulio Cesare di Savignano sul Rubicone