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Scuola Secondaria I grado Sacro Cuore di Cesena (FC) - Redazione

‘Uomini nonostante tutto’ Una mostra per non dimenticare

Gli studenti del Sacro Cuore hanno raccontato storie di chi veniva incarcerato nei Lager, in totale 11 milioni i rinchiusi «Le ‘prigioni’ non riuscivano a spegnere le persone che, pur a fatica, riuscivano a mantenere la loro umanità»

‘Uomini nonostante tutto’ è il nome della mostra che si è tenuta, in occasione della Giornata della Memoria, presso il liceo Righi di Cesena dal 27 al 29 gennaio, su uno dei lati più terribili della Russia del Novecento: i Lager. Qui venivano disumanizzati gli oppositori, di qualunque etnia, sotto il regime di Stalin, anche se questa pratica era già iniziata con Lenin. In totale vengono incarcerate 11 milioni di persone. Nella mostra vengono esposte foto di reperti recuperate da Memorial, un movimento nato in Russia da cittadini che volevano ricordare questi eventi. «I Lager – spiega la professoressa Fedi – erano per lo più costruiti in Siberia, dove si facevano lavorare forzatamente i detenuti e dove questi venivano trasformati in numeri, pratica utilizzata per disumanizzare le persone. Tra i vari reperti visibili nella mostra, la maggior parte erano lettere scritte su materiali di fortuna. La corrispondenza da casa era infatti una delle cose che teneva su il morale dei prigionieri e che permetteva di mantenere viva la loro umanità, anche se a volte era molto pericoloso. Questo perché le lettere scritte dai detenuti e dai corrispondenti erano sottoposte alla censura, tanto che poteva capitare che alcuni familiari venissero rinchiusi a causa di ciò che avevano scritto. Il titolo della mostra, Uomini nonostante tutto, è esplicativo: qui si vuole parlare proprio di quelle persone che, anche se sottoposte alle dure condizioni di vita dei Lager, hanno mantenuto la loro umanità». Per questo motivo vogliamo raccontare alcune storie e fatti riguardanti queste persone rinchiuse, che nonostante tutto sono riuscite ad aggrapparsi a qualcosa di umano.

La prima storia riguarda una donna, Adanova Sviolbeck, che racconta che la sua prima notte non riusciva a dormire perché continuava a pensare ai figli rimasti a casa, e si domandava se per sopravvivere doveva dimenticare la sua vecchia vita. Tuttavia, decise di ricordare tutto, anche se a volte mise in dubbio questa sua scelta: un giorno, dopo il lavoro, una guardia le se avvicinò; lei pensò che finalmente le avrebbero dato qualcosa da mangiare, invece la guardia le consegnò delle lettere che arrivavano da casa sua.

Lei, capendo di aver preferito del cibo alle lettere dei suoi familiari, si mise a piangere, lasciando emergere tutta la sua umanità. Un evento che spesso capitava era che i figli delle donne che partorivano nei Lager venivano strappati alle madri e consegnati a un parente, o addirittura portati in orfanotrofio. L’unico rapporto che i figli avevano con le loro madri era la corrispondenza scritta tramite le lettere, oppure dei regali che queste cucivano a mano con quello che trovavano.

Infatti, una delle principali attività che facevano le persone nei Lager, finito il lavoro, era cucire, disegnare o creare oggetti da mandare a casa, soprattutto ai bambini; questo gesto li aiutava a mantenere viva la loro umanità. I Lager effettivamente non riuscivano a spegnere le persone al loro interno, perché queste si aiutavano reciprocamente ad andare avanti persino in una situazione così drammatica.

Uno dei passi più difficili per queste persone rinchiuse per anni nei Lager, era tornare alla loro vita normale, sia perché spesso i loro parenti credevano fossero dei controrivoluzionari, ma anche perché i lager trasformavano le persone tanto interiormente quanto esteriormente. Il loro aspetto era quasi sempre diverso rispetto a quando erano entrati e quindi spesso i loro parenti, soprattutto i figli che non li avevano mai conosciuti, non sapevano riconoscerli. Alla fine della mostra c’è un breve video, che lascia spazio a una profonda riflessione. In questo video si chiedeva a una ex detenuta se avrebbe preferito la misericordia o la giustizia, riguardo ai fatti accaduti in Russia. Questa risponde di aver scelto la misericordia, non perché non provasse rancore verso chi l’aveva rinchiusa, ma perché sapeva che la giustizia sarebbe consistita nel far subire ad altre persone le cose che lei stessa aveva vissuto.

Scuola media Sacro Cuore Studenti Ludovico Barbieri, Mia Battistini

 

Nel corso degli anni, Cesena si è impegnata per mantenere vivo il ricordo degli orrori compiuti dai totalitarismi del Novecento. In particolar modo, nel mese di gennaio 2022 sono state consegnate al Comune di Cesena le nove pietre d’inciampo per commemorare i nostri concittadini che hanno subito gravi discriminazioni e trattamenti disumani per poi essere uccisi ingiustamente. Ciascuna pietra riporta il nome della persona arrestata e deportata, l’anno di nascita, il giorno e il luogo di deportazione, e la data di morte. Poco prima dell’installazione delle pietre, l’assessore alla cultura Carlo Verona ha detto: «Queste installazioni rappresentano le tessere di un grande mosaico che inserirà anche Cesena nella rete europea della memoria e che consentirà ai nostri giovani, principali destinatari delle iniziative a cui stiamo lavorando, di approfondire la conoscenza di questa drammatica pagina di storia del nostro paese». Entrando nel merito delle storie, da Cesena venne arrestata la famiglia Saralvo, composta da Mario Saralvo, la moglie Amalia, e il figlio Giorgio. La famiglia, che gestiva un negozio di generi diversi, venne arrestata nel dicembre 1943 e fu costretta alla prigionia prima della tragica deportazione, con l’arrivo ad Auschwitz nel maggio 1944. Le pietre in memoria della famiglia sono state posate in Piazza del Popolo, 3 il 19 gennaio 2022.

Un destino simile lo subirono le sorelle Lucia, Elda, Lina e Anna Forti. Dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, infatti, si allontanarono da Bologna e vennero ospitate a Cesena dalle cugine Diana e Dina Jacchia. Nel dicembre 1943 verranno tutte arrestate e successivamente deportate ad Auschwitz, dove verranno assassinate. Le pietre in memoria delle sorelle Forti sono state posate in Corso Giuseppe Garibaldi, mentre quelle delle sorelle Jacchia in Corso Ubaldo Comandini, il 25 gennaio 2022.Queste famiglie sono uno dei tanti esempi di semplici cittadini che furono costretti ad una fine crudele. È fondamentale ricordare questo per far sì che una tragedia simile non accada nuovamente in futuro e anche la città di Cesena ha svolto la sua parte in un progetto che riguarda tutti noi.

Scuola media Sacro Cuore Studenti Ludovico Barbieri, Mia Battistini Docente Elisa Del Testa Dirigente scolastico Elisa Bolognesi

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