La lavorazione dei cappelli e il riciclo creativo degli scarti
Gli alunni della media ‘Collodi’ di Montappone hanno partecipato al progetto sull’upcycling: una tecnica importante per utilizzare al massimo ogni prodotto ed evitare sprechi e inquinamento
Gli alunni della scuola media ‘Collodi’ di Montappone hanno partecipato ad un progetto extrascolastico ‘Lo scarto in atto: upcycling a scuola’ basato sul riciclo creativo degli scarti di lavorazione dei cappelli, guidati dai professori Di Chiara Maria Isabella, Bernabei Andrea e Gullini Valeria, con la collaborazione dell’architetto Marica Panicciari. L’upcycling consiste nel rinnovare ciò che non ci serve più senza trasformarlo in materia prima. Questa tecnica è importante sia per utilizzare al massimo ogni prodotto (riducendo spreco e inquinamento globale) sia per sensibilizzare il consumatore ad acquisti consapevoli. I ragazzi si sono messi all’opera per trasformare materiali di scarto in oggetti utili e decorativi per la scuola, riscoprendo il valore del riuso e il piacere di creare con le proprie mani. Il progetto ha permesso di riflettere sul significato del riciclo, sia come pratica ecologica, che modo per dare nuova vita a ciò che altrimenti verrebbe buttato. È questa la lezione più importante appresa dall’architetto Panicciari, impegnata nel territorio con il progetto ‘Idee scartate’, premiato al ‘Premio Cambiamenti 2024’, dedicato al pensiero innovativo e originale delle nuove imprese italiane. Gli alunni hanno avuto l’occasione di visitare il suo atelier, un luogo magico dove gli ‘sfridi’, sono i protagonisti di eccezionali creazioni, realizzate con la tecnica dell’upcycling, tra cui le Sfride: originali bambole uniche e stupende fatte con gli scarti della lavorazione dei cappelli di feltro, un materiale costoso e nobile, in lana, ignifugo, dotato di proprietà fonoassorbenti e isolanti, che si modella con semplicità. Ogni bambola è numerata, ricca di colore, ha un suo carattere e le braccia all’insù per trasmettere positività. Panicciari, dotata di grande sensibilità ambientale e amore per il suo territorio di appartenenza, ha studiato le caratteristiche e le proprietà degli sfridi, trovando una soluzione per i rifiuti tessili utilizzandoli per le sue creazioni che uniscono design e arte. Lei sta cercando di espandere il suo progetto, pertanto ha accolto persone famose nel suo atelier, come Apo Yaghmourian, Daniele Cesetti e Ignacio Llamas che ha portato questo progetto a New York. L’iniziativa, che ha unito manualità, creatività e senso civico, ha messo al centro due valori fondamentali: il rispetto per l’ambiente e il legame profondo con il territorio famoso nel mondo per la produzione artigianale di cappelli.
«Sono stati gli uomini a rendere famoso questo distretto, eppure, se non fosse per la creatività e le idee delle donne, Montappone non sarebbe il paese eccezionale che è ora». Un’esperienza formativa e divertente, che ha unito tradizione, sostenibilità e innovazione.
Oggi ci troviamo davanti a situazioni di inquinamento molto preoccupanti per il nostro futuro.
La ‘fast fashion’ è una di quelle.
Ci siamo mai chiesti cosa succede ai capi che rimandiamo indietro? Che fine fanno? In mano a chi vanno? Con il termine ‘fast fashion’ ci si riferisce a un settore dell’abbigliamento, che punta sempre di più a sottomettere la qualità alla quantità, producendo abiti di scarso valore a prezzi ridotti, lanciando velocemente nuove collezioni a ritmo continuo e costante. È un modello di produzione e consumo che ha avuto un grande successo negli ultimi anni e che, nonostante presenti qualche vantaggio per i consumatori, è un sistema di produzione insostenibile e svantaggioso. Il primo problema da considerare, sul fronte ambientale, è che la produzione di massa, la bassa qualità dei capi e i prezzi irrisori dell’industria del ‘fast fashion’ generano enormi quantità di rifiuti e inquinamento, senza considerare le ingenti quantità di acqua ed energia necessarie per la produzione dell’abbigliamento. Le aziende del ‘fast fashion’ spesso utilizzano materiali sintetici derivati dal petrolio, che richiedono risorse energetiche considerevoli per essere prodotti e che impiegano centinaia di anni per degradarsi. Si aggiungono: manodopera sottopagata e ambienti di lavoro insicuri, dove bambini o ragazzi vengono introdotti nel mondo del lavoro già da piccoli, pertanto privati dei diritti fondamentali dell’istruzione e gioco.
Per risolvere il problema del riverbero acustico nell’atelier multimediale dedicato anche alle registrazioni audio, gli studenti, sull’esempio dell’architetto Panicciari, si sono messi all’opera utilizzando gli scarti del feltro forniti dai cappellifici locali. L’aula si è trasformata in una vera officina creativa: ognuno ha svolto la propria mansione in modo responsabile, per fare qualcosa di utile e innovativo.
Dopo aver selezionato i materiali, gli sfridi sono stati accoppiati, scegliendo accuratamente i colori per comporre sinuose fasce da disporre una accanto all’altra e dare vita ad allegre tende multicolor. Per non lasciare scarti, con le striscioline di tessuto avanzate sono state realizzate trecce da decoro per ornare le pareti. In questo modo si è cercato di risolvere in modo economico, sostenibile ed originale un problema pratico. Contemporaneamente l’aula è diventata più accogliente ed originale, rappresentativa dei valori di diversità ed inclusione.