«Ecco come era prima la scuola Le insegnanti erano più severe»
Maria Teresa Seccardini, nonna e professoressa in pensione, intervistata dagli studentidella D’Azeglio: «Ora a causa dei genitori fare questo lavoro è diventato impossibile»

Il primo febbraio abbiamo intervistato la signora Maria Teresa Seccardini, nonna e professoressa in pensione di 86 anni, sulla scuola di una volta, quando c’erano le lire e si utilizzavano le enciclopedie.
Perché ha deciso di fare l’insegnante? «Sono stata inspirata dalla mia maestra, che mi ha trasmesso la passione per l’insegnamento. Ho deciso di insegnare lettere, geografia e storia, proprio come lei».
Come erano organizzate le classi? «Ho avuto il piacere di insegnare nella scuola di Rotella dove c’era un’unica sezione con una pluriclasse e i bambini provenivano da famiglie di varia estrazione sociale: dalla più povera alla più ricca. Essendo diversi per preparazione ed età, era molto più difficile insegnare. Successivamente ho ottenuto il trasferimento alla Cantalamessa».
Come reagivano gli alunni ai brutti voti? «Ai miei tempi si usavano solo i giudizi. I ragazzi appartenenti a famiglie meno abbienti non se ne preoccupavano visto che il loro futuro era lavorare in campagna; invece quelli provenienti da famiglie benestanti avevano aspettative più elevate».
Come era la scuola quando era un’alunna? «Io ho frequentato la scuola durante la Seconda Guerra Mondiale.
C’era il regime, il libro era uno solo, il sussidiario, in cui potevi trovare tutte le materie. Le classi erano divise tra maschi e femmine. Al tempo la società era molto maschilista e per le donne studiare era difficile, se non addirittura, impossibile. Io mi ritengo molto fortunata.
Le ricerche si facevano in biblioteca con l’aiuto di enciclopedie, poi si dovevano ricopiare sul quaderno in bella calligrafia».
Com’era il rapporto docente alunni? «Le insegnanti erano molto più severe di oggi. Esigevano rispetto e non esitavano, se qualche alunno si comportava male, ad assegnare punizioni fisiche».
Sarebbe in grado di insegnare in una scuola attuale? «Non ne sarei in grado per due motivi: il primo perché sono abituata a carta e penna e non riesco ad utilizzare molto bene i dispositivi elettronici; il secondo è che adesso i genitori pensano che noi siamo solo delle persone nate per richiamare i loro ragazzi e a causa di ciò lavorare è diventato impossibile».
Secondo lei, l’intelligenza artificiale riuscirà a prendere il posto degli insegnanti? «Spero vivamente di no: è fondamentale la relazione tra insegnante e alunno e la ritengo insostituibile. Penso, però, che ci sia il rischio che si arrivi a una scuola tecnologica priva di animo, incapace di creare empatia e con alunni disinteressati. Durante il mio lavoro ho sempre cercato di non farli sentire a disagio, come invece capitava a me. Con un insegnante artificiale temo che i ragazzi provino quello che provai io».
Avete mai sognato una scuola diversa? Senza professori, compagni o addirittura una classe? Se lo chiese nel 1954 lo scrittore Isaac Asimov, padre del romanzo fantascientifico. Nel racconto ’Chissà come si divertivano!’, ambientato nel 2157, la protagonista Margie studiava a casa e il suo insegnante era un robot, ma il ritrovamento di un vecchio libro, che parlava della scuola del passato con classi e docenti ’umani’, la porta a riflettere sul valore delle relazioni umane con compagni e professori. È un’esperienza che pochi anni fa abbiamo sperimentato durante il lockdown con la dad, dove i rapporti tra alunni e insegnanti erano limitati e minimizzati. Nella scuola del futuro l’uso di numerose tecnologie permetterebbe a noi studenti di fare esperienze più coinvolgenti ma potrebbe anche essere un ostacolo se visto solo come scorciatoia per elaborare compiti e ricerche, mancando di creatività e aspetto critico. Se in futuro queste tecnologie sostituiranno insegnanti ed il gruppo-classe, quello che verrebbe meno sarà l’empatia, la socializzazione, lo stare insieme. Nelle scuole odierne il cambiamento è già in atto. Arriveremo ad una scuola come quella profetizzata da Asimov o una in cui si manterranno i rapporti umani?
Oggi viviamo nell’era della transizione digitale: nelle scuole accanto ai libri cartacei e quaderni sono presenti aule informatiche, lim, tablet. Le lezioni sono più interattive con l’uso di filmati, video, libri digitali, piattaforme. Tali tecnologie fungono da supporto agli insegnanti per aiutare noi alunni a fissare meglio gli argomenti trattati e certamente risultano più accattivanti. C’è poi il registro elettronico.
Anche il rapporto insegnante-alunno è cambiato: se un tempo era basato su un maggior rispetto, era però più distaccato e non sempre si prestava ascolto agli studenti. Ora, invece, siamo considerati di più. Molti di noi, infatti, avvertono spesso il bisogno di confidarsi con i loro professori, quando vivono situazioni problematiche. Nelle scuole come la nostra, ad esempio, è presente il Centro di Ascolto con figure come psicologi/sociologi per aiutarci. In un’epoca di transizione è necessario salvaguardare questa ricchezza che ci consente di crescere.
La pagina di oggi è stata realizzata dagli studenti della D’Azeglio: Bizzarri Sofia, Corradetti Mia, De Angelis Bianca, Ilelo Beatrice, Travaglini Sofia (2A); Corradetti Giulia, Eleuteri Anna, Frollo Diletta, Bachetti Edoardo, Tomassetti Matilde (2B); Curzi Riccardo, Bachetti Chiara, Pulcini Veronica, Troiano Francesco (2C); Alberti Valerio, Fischetti Aurora, Fioravanti Francesca, Rosa Giulia, Scuterini Francesco (3A); Alesi Emilia, Matricardi Ettore, Vagni Leonardo, Visconti Anna Maria (3B); Benigni Angelica, Edora Lorenzo, Piccioni Elena, Vittori Giorgia (3C). Il lavoro è stato coordinato dagli insegnanti Brutti Claudia, Capello Caterina, Crescenzi Angela, Trippetta Andrea, Tulli Emanuela.