ll progetto de il Resto del Carlino per i lettori di domani

Istituto Camelia Matatia di Forlì (FC) - 3C

L’evoluzione della scuola nella storia Viaggio nelle materie di un tempo

I ragazzi dell’istituto Camelia Matatia hanno ascoltato le testimonianze di alcuni nonni e riflettuto sui cambiamenti «Insegnamenti diversi per genere: le femmine studiavano il ricamo e i maschi frequentavano laboratori di ferro»

«La scuola ai tempi dei nonni? Era più severa e rispettata», dice la signora Gabriella. «I maestri potevano essere severi ed esigenti ma allo stesso tempo gentili e amichevoli».

Nelle scuole elementari, a seconda degli alunni, le classi erano miste o divise. Solitamente, il numero di alunni per classe era di 30-35. In base alla grandezza della scuola si poteva avere un insegnante per ogni materia oppure un insegnante per ogni disciplina. Le ragazze dovevano portare un vestito bianco con un fiocco al collo, invece i maschi portavano un completo nero con un fiocco bianco. Finite le elementari si decideva se fare le medie, dove studiavi latino, oppure, si facevano tre anni di avviamento professionale; era la scuola della signora Gabriella e della signora Giuseppina.

Nella prima metà del 1900, infatti, non esistevano proprio le medie come le conosciamo adesso, ma le scuole di avviamento professionale cioè che ti insegnavano già un mestiere per avviarti a una ’professione’ futura; la scuola media di oggi invece viene estesa a tutti e diventa obbligatoria dal 1963. La scuola iniziava il primo ottobre, e finiva le prime settimane di giugno e, quando si facevano molte assenze, era perché si doveva lavorare nei campi per portare da mangiare a casa, come è successo al signor Antonio e alla signora Augusta, che hanno terminato da grandi la primaria, frequentando le scuole serali.

Si studiavano materie diverse e più manuali: alcune sono presenti ancora oggi come italiano, geografia, storia, grammatica, matematica; altre a non esistono più come computisteria, calligrafia e ’lavori donneschi’. Gli storici dell’educazione hanno stabilito che l’Ottocento fu il periodo storico simbolo dell’educazione, applicata per entrambi i generi: per le femmine ’lavori donneschi’, per i maschi lavori manuali dove si doveva dimostrare la forza. I ’lavori donneschi’, una materia nata negli anni Settanta dell’Ottocento, che fu insegnata per circa un secolo, abbracciavano diversi campi relativi alla cura e all’assetto della casa: in particolare sartoria, ricamo e cucito. La signora Giuseppina racconta che i ’lavori donneschi’ si insegnavano solo alle bambine , sia alle elementari che alle ’medie’ e comprendevano: cucito con e senza macchine da cucire, ricamo, pulizie casalinghe, lezioni di cucina, contabilità, lezione di uncinetto e puericultura.

Per i ragazzi invece c’era un ammaestramento morale e fisico destinato al ritratto del perfetto cittadino: lo scopo del corpo maschile era quello di difendere i confini perciò si dovevano contenere, dovevano essere onesti e non potevano fumare o bere alcool. Per questi ultimi c’erano lezioni di potatura, si costruivano cestini di vimini e si partecipava a laboratori di legno e ferro.

Con la rivoluzione del ‘68 le donne non sono più state obbligate a fare le sarte, mentre sono stati avviati percorsi specifici di apprendistato per diventare modista.

Successivamente i ’lavori donneschi’ sono stati sostituiti dalla materia ’Applicazioni tecniche’, oggi Tecnologia. Nulla di tutto quanto detto sopra viene più insegnato, ma pensiamo che sarebbe stato bello imparare questi lavori perché sono utili; quello che non pensiamo sia più necessario è distinguerli per sesso: ognuno di noi vorrebbe semplicemente poter scegliere se cucinare o dedicarsi alla sartoria.

Le materie che avremmo preferito sarebbero state sicuramente cucina, puericultura, sartoria e laboratori di legno e di ferro. Quindi non più ’lavori donneschi’, ma una scuola ancora di laboratori per imparare ad entrare nel mondo degli adulti.

Classe 3ªC

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