ll progetto de il Resto del Carlino per i lettori di domani

Scuola Secondaria di I grado Quirico Filopanti di Budrio (BO) - 2D, 2F

Il lato oscuro del fast fashionLo sfruttamento nella moda

Gli studenti delle Filopanti di Budrio raccontano cosa si nasconde dietro le maglie a basso costo Ogni anno vengono prodotti 92 milioni di tonnellate di rifiuti tessili disperse in Cile e in Ghana

Chi di noi, passando davanti al cassonetto dove portiamo gli abiti che non usiamo più, si è mai chiesto che fine faranno? E quanti sono gli abiti di cui ci siamo sbarazzati perché con le nuove catene di Fast Fashion è così facile acquistare senza spendere più di 5 o 10 euro a capo? A questa domanda abbiamo cercato di dare una risposta all’interno del progetto di educazione civica SOS teniamo la città: l’impronta green che l’istituto Quirico Filopanti sta attuando in modo interdisciplinare. Dalla raccolta differenziata dei rifiuti alla cura dei parchi, dalla semina di fiori impollinatori allo studio del nostro territorio, certamente l’approfondimento sul tema dell’impatto dei rifiuti tessili sul pianeta e sulla vita delle persone ci ha colto di sorpresa. 92 milioni di tonnellate di rifiuti tessili all’anno, l’equivalente di un camion di spazzatura pieno di vestiti al secondo che vengono scaricati in Paesi lontani, nel deserto di Atacama in Cile dove formano colline visibili persino dal satellite o nei mercati del Ghana dove i bambini si aggirano per raccogliere gli scarti per pochi centesimi. Abbiamo anche scoperto che la maggior parte di questi abiti sono realizzati con materiali sintetici ottenuti dal petrolio, i quali, oltre a non essere sani, non sono biodegradabili. Abbiamo studiato la tragedia del Rana Plaza del 2013 nel Bangladesh, dove crollò un edificio di otto piani che ospitava le fabbriche tessili di 29 marchi europei e nordamericani e persero la vita 1.100 lavoratori tessili sottopagati e senza diritti e abbiamo capito che se una maglietta costa poco, è anche perchè ci sono persone che vengono sfruttate. Allora abbiamo capito l’importanza dell’economia circolare, del riciclo e del riutilizzo.

Ma quanti di noi conoscono il Fast Fashion? Da un’indagine da noi condotta su un campione di studenti di età compresa tra gli 11 e i 13 anni, abbiamo appreso che il 55% conosce il Fast Fashion ma ben l’88% ha acquistato abiti in quel tipo di negozio. Il 50% è consapevole che il basso costo dipende da manodopera sottopagata e il 34% lo attribuisce ai materiali scadenti utilizzati. Solo il 24% è a conoscenza del fatto che gli abiti del Fast Fashion vengono buttati dopo 7-8 volte che sono stati indossati e il 17% non sa che fine fanno. Attraverso questa indagine abbiamo voluto sensibilizzare gli studenti e soprattutto fare capire che la prossima volta che veniamo attirati da una maglietta nuova, dobbiamo riflettere sul costo che questo comporta per il nostro pianeta.

2D: Accursi, Castaldini, Cicilano, Derraa, La Porta, Laantri, Laharpe, Lo Giudice, Loconsole, Lorusso, Michelato, Migliori, Pernetta, Popa, Rambaldi, Rizzo, Sabia, Santini, Sgargi, Simcic, Verrillo. 2F: Albert, Bertoldi, Brighenti, Buldini, Carlotti, Cassanelli, Halilovic, Kouakbia, Lanzarone, Leggio, Lollini, Mingozzi, Poletì, Rienzi, Rizzi, Scacchetti, Sciarrino, Tergaouchi, Testa, Zavalani. Professoresse F. Martinelli e M. Valentini.

 

Francesca Tonelli, referente del progetto And della cooperativa sociale Onlus «La Fraternità», cerca di spiegare cosa sia l’economia circolare e spiegare l’impatto della moda veloce.

Quanto inquina l’industria della moda? «Si stima che sia responsabile del 10% delle emissioni globali di carbonio».

Quanti chili di vestiti vengono buttati ogni anno in Italia? «Si stima che ogni cittadino produca circa 11 chili di rifiuti tessili».

Qual è l’obiettivo del progetto And? Ci occupiamo della raccolta dei rifiuti tessili a Bologna e provincia, della riduzione degli sprechi e di inserire nel mondo del lavoro persone con fragilità».

Chi lavora nelle vostre sedi? «Più di 500 persone in quattro diverse sedi; di questi il 46% è in condizione di svantaggio certificato». Che fine fanno i vestiti che raccogliete nella nostra area metropolitana? «Il 99% del rifiuto tessile che raccogliamo dai cassonetti viene riciclato. Una piccola percentuale viene inoltre inviata nei negozi ai negozi And Circular di LF23 dove le persone possono trovare a prezzi solidali capi di abbigliamento di ottima qualità, sanificati da ragazzi con gravi disabilità del nostro centro diurno».

 

Il baratto è considerato la prima forma di scambio commerciale prima dell’introduzione della moneta. A Budrio questa realtà esiste ancora grazie all’iniziativa «Tempo di baratto», nata qualche anno fa dall’idea di alcune mamme che desideravano dare una seconda vita ai vestiti che i propri figli non indossavano più. Il baratto, gestito da alcune volontarie, avviene circa due volte al mese in un’ampia stanza nella zona Creti di Budrio. Qui si possono scambiare non solo abiti, ma anche giochi e accessori in buono stato per bimbi da 0 a 10 anni. Chi porta un oggetto, riceve in cambio un bollino con il quale può prendere qualsiasi altra cosa lì presente; nel 2024 sono stati scambiati più di 3000 oggetti.

L’industria della moda ha un fortissimo impatto sull’ambiente, il baratto rappresenta una risposta al problema dei rifiuti condividendo ciò che non si usa più con qualcuno che li riutilizzerà. 

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